Il
Morto Riconoscente è un percorso
di conoscenza e pratica teatrale indirizzato due classi IV attraverso
il quale, raggiungendo una serie di obiettivi didattici legati agli
insegnamenti di Italiano e Storia e integrandoli con finalità educative
più dettagliatamente espresse nella descrizione fornita dalle insegnanti
coinvolte nella precedente edizione del progetto, si giunga alla rappresentazione
di una fiaba tratta da un testo in volgare del '200.
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E' infatti possibile sperimentare ed applicare concretamente
molte delle tematiche legate a obiettivi interdisciplinari quali:
- l'ascolto, comprensione e rielaborazione di
testi anche da differenti punti di vista, proprio grazie all'atteggiamento
empatico connaturato alla ricerca drammaturgica sui personaggi da
interpretare, i quali possono rendere necessario usare un linguaggio
(o una serie di linguaggi) differente dal proprio quotidiano, sia
per necessità di caratterizzazione sia per l'impossibilità -intrinseca
in determinate forme espressive- a rendere comprensibili idee, sentimenti,
o anche semplici descrizioni: il gioco (peraltro assai divertente)
dell'invenzione linguistica diventa qui una necessità a volte imprescindibile
- la collocazione storica e culturale della vicenda
rappresentata e dei suoi protagonisti non può prescindere da un lavoro
di conoscenza della stessa che a sua volta induca una maggiore definizione,
da parte dei bambini, della propria identità culturale , stimolando
nel contempo non dico l'interesse ma senza dubbio la curiosità per
le culture "altre", siano esse antiche o contemporanee. In tal senso
credo che il vestire panni di un altro spazio e un altro tempo possa
offrire assai più di un semplice intrattenimento
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- applicare concretamente in una situazione di
gioco le possibili codificazioni legate ai differenti registri comunicativi
e all'interazione tra il linguaggio verbale e quelli non verbali,
dalle semplici tonalità assertive alle comunicazioni paradossali secondo
Watzlawick
- un primo approccio all'esercizio vocale, alla
fisicità della vocalizzazione e alla caratterizzazione fisica dei
personaggi, che tanto ricorda il ben noto "giochiamo che io ero"
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- l'interazione di un gruppo di lavoro avente
un obiettivo la cui concreta realizzazione dipenda dal lavoro d'insieme,
dal reciproco ascolto e sostegno che favorisca tanto l'espressione
individuale quanto la dimensione collettiva dell'azione e del gioco:
gioco come base dell'esperienza, gioco come fondamentale attività
cognitiva.
Per ciò che concerne lo specifico teatrale è
mia cura, durante un totale di 18 incontri della durata di due ore ciascuno:
1. introdurre le più elementari tecniche di narrazione
e rappresentazione, sia agendole di persona sia facendone oggetto
di confronto e di gioco con i bambini
2. coordinare tutti gli aspetti registici e drammaturgici
3. allestire e coordinare logisticamente la rappresentazione
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Durante i primi sei incontri, da tenersi nel periodo
che va dalla metà di ottobre alla fine di dicembre di quest'anno, i
bambini vengono divisi in due gruppi impegnati per un'ora ciascuno,
al fine di evitare situazioni di confusione dovuti al numero che per
l'esecuzione del punto 1) e per la formazione di un primo nucleo di
lavoro sarebbe senz'altro eccessivo.
Nel periodo che va da febbraio ad aprile/maggio
si tiene la seconda parte degli incontri, che sono invece di dimensione
collettiva e dedicati all'allestimento vero e proprio, la cui rappresentazione
avviene al termine del percorso con l'ambientazione sopra descritta.
Tutt'altro che secondaria è la realizzazione della
parte scenografica di tale percorso, affidata allo Studio Lucifero di
Ferrara i cui componenti sono in grado, se ritenuto necessario, di effettuare
con i bambini un percorso di progettazione e realizzazione allo scopo
di integrare -ove se ne senta la necessità- il materiale scenografico
già prodotto con ulteriori elementi.
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Per quanto riguarda infine le verifiche è
cura delle insegnanti, che durante gli incontri sono in compresenza,
registrare le attività, gli interventi e le osservazioni dirette dei
bambini. Il materiale raccolto, con l'inserimento di parti strettamente
educativo/didattiche e metodologiche funge da testimonianza e valutazione
dell'esperienza realizzata.
Materiali
Tutti i materiali necessari alla realizzazione
vengono forniti dalla Scuola; è previsto inoltre l'utilizzo di oggetti
di recupero da ricercarsi presso qualsiasi sede comprese le famiglie
degli alunni, e quant'altro della stessa provenienza.
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Comunicazione e drammatizzazione
(progetto
redatto dalle insegnanti)
La "Comunicazione" in generale, può ritenersi un
concetto composto di due poli, solidamente 1egati:
l) La trasmissione: cioè l'invio verso l'esterno di "segnali" siano
essi parole, gesti o altro ancora;
2) La partecipazione ovvero la condivisione con un individuo o un gruppo
d'informazioni, intenzioni o sentimenti.
La comunicazione si sostanzia dunque ne1 dare
o non dare, nella messa in comune di segnali, pur nel mantenimento della
propria autonomia. Sarebbe poi riduttivo limitare la comunicazione alla
schema: rnittente~messaggio~canale~destinatario; poiché essa è pesantemente
influenzata anche da elementi non visibili quali inflessioni vocali,
alterazioni, pause, silenzi. ... Nella società contemporanea, in cui
le nuove tecnologie hanno sostituito i tradizionali sistemi di comunicazione
interpersonale è indispensabile che la scuola si faccia promotrice della
riscoperta e della valorizzazione delle potenzialità comunicative della
persona.
In tale contesto la comunicazione diventa, nei
sui molteplici aspetti, la chiave di lettura di un progetto didattico-educativo
che attraverso 1e sue numerose sfaccettature, consente al docente di
individuare il canale preferenziale per entrare in contatto con gli
alunni, personalizzando ed ottimizzando le scelte. Il teatro può rappresentare
nella scuola o per la scuola, una forma espressiva e comunicativa che
travalicando la semplice "recita" di un copione stimola il bambino ad
esprimere la propria soggettività in un percorso drammaturgico.
Il risultato positivo di una siffatta esperienza può essere consentito
dal passaggio attraverso una dimensione ludica. Un bambino fa teatro
come gioca, disegna come gioca, conosce come gioca.
Perché è giocando che si accosta al mondo lasciandosi andare alla finzione,
all'immaginazione, alla ricostruzione e alla reinvenzione delle cose.
per approdare alla fine del gioco a nuove sicurezze.
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Tra le forme d'espressione, il teatro è quella
che più si avvicina al gioco puro e semplice dei bambini "Ma a che cosa
serve l'incontro dei bambini con il linguaggio teatrale?"
Nel I° Ciclo a:
· offrire l' occasione per esprimersi e divertirsi
giocando
· favorire il rapporto con gli altri, per crescere con più sicurezza
e per acquisire maggior fiducia, rispetto e attenzione nei confronti
dei compagni;
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· stimolare la conoscenza e l' uso del proprio
corpo: movimento, gesto, voce, parola dove "conoscenza" significa innanzitutto
"attenzione", "ascolto" delle varie parti del corpo, dove è la mente,
prima dei muscoli, a "svolgere il lavoro";
· affinare la disponibilità all'ascolto e alla
comprensione della narrazione di vari tipi di testo;
.potenziare l'immaginazione e la creatività "facendo
finta di… " (Io ero l'albero e tu il cavallo) da Gianni Rodari.
Nel 2" Ciclo a:
· riconoscere nella narrazione il rapporto tra
ambienti e stati d'animo dei personaggi;
· distinguere nei personaggi della narrazione
le caratteristiche fisiche, psicologiche e sociologiche in relazione
agli scopi del testo;
· stabilire relazioni spazio-temporali all'interno
del testo · rielaborare testi di vario tipo trasformandoli in testi
teatrali;
· saper usare lo spazio scenico prendendo in esame
i suoi confini, la sua estensione
· motivare il bambino a ricercare materiali di
diverso tipo, provare a manipolarli per inventare Personaggi e situazioni.
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COLLEGAMENTI INTERDISCIPLINARI
Fare teatro significa anche ricerca di usi e tradizioni
locali, regionali e nazionali; è un'esercitazione vera e propria d'ita1iano;
è ricerca, a seconda del soggetto che si vuoI trattare, di letteratura,
di storia, di geografia, di fatti politici e sociali. Per le scenografie
l'uso di materiali, di immagini e di musiche coinvolge l'educazione
all'immagine ed al suono. Il teatro è anche un momento importante di
socializzazione perché è un "gioco" che obbliga i partecipanti a "fare
tutti insieme". E... "giocando s'impara meglio
e subito".
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IL
TEATRO: OBIETTIVI INTERDISCIPLINARI GENERALI
LINGUA ITALIANA:
· ascolto e comprens1one di testi di vario tipo;
· individuazione di sequenze narrative e saperle
raccontare
· analizzare d1fferenze tra il registro colloquiale
e il registro confidenziale;
· usare registri diversi in differenti situazioni
comunicative;
· rielaborare uno stesso messaggio da diversi
punti di vista;
· rielaborare un testo narrativo in un testo teatrale
EDUCAZIONE ALL 'IMMAGINE
· avviare ad un uso più consapevole del colore
mediante la rappresentazione di fatti, personaggi ambienti, situazioni
ricavate dal testo teatrale
· essere in grado di cogliere il ruolo simbolico
assunto dal colore nella scenografia
EDUCAZIONE AL SUONO
E ALLA MUSICA
· realizzare delle semplici composizioni con uno
o più suoni informali;
· eseguire giochi con la voce;
· ascoltare sequenze musicali da associare al linguaggio
gestuale.
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STORIA E STUDI SOCIALI
· avviare il bambino a costruire la propria identità
cu1tura1e come presa di coscienza della realtà in cui vive
· avviare il bambino alla costruzione di elementari
atteggiamenti e strumenti conoscitivi essenzilali per la comprensione
dei fenomeni storici, culturali e sociali;
· acquisire, attraverso il lavoro di gruppo, atteggiamenti
di collaborazione con gli altri.
GEOGRAFIA
· individuare punti di riferimento e sapersi orientare
in uno spazio noto ( es. palcoscenico );
· approfondire i concetti di punto di riferimento,
posizione relativa, percorso e spostamento in uno Spazio scenico.
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EDUCAZIONE MOTORIA
· acquisire la capacità di assumere posture ben
definite;
· saper eseguire movimenti su semplici basi musicali;
· conoscere ed interiorizzare i concetti astratti
relativi allo spazio (vicino, lontano, al di là…)
· migliorare la capacità di situarsi nello spazio
in rapporto agli altri ed agli oggetti;
· acquisire concetti temporali di: veloce, forte,
debole cioè intensità e durata;
STRUMENTI
Conoscenza degli spazi interni ed esterni all'edificio
scolastico Materiali: di facile consumo, sonori, pittorici e testi scritti.
VERIFICA CON GLI ALUNNI
La verifica primaria dovrà accertare: il grado
di partecipazione ed interesse dimostrato dal bambino e la ricaduta
dell'attività sulle altre discipline. La verifica secondaria consisterà
nella realizzazione di uno spettacolo.
VERIFICA FRA GLI INSEGNANTI
Periodica per accertare: la metodologia di lavoro
ed eventuali adeguamenti da apportare alla programmazione.
VERIFICA CON LE FAMIGLIE
Periodica:
· inizio dell'anno scolastico per presentare il
progetto
· incontri da programmare in itinere ogni qualvolta
si ritiene proficuo presentare fasi, problemi, richiesta di collaborazione
e valutazione finale dell'attività.
Fabrizio
Bonora
Anna
Piva
Cristina
d'Avino
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Progetto
IL MORTO RICONOSCENTE
relazione finale
Quando il Gioco si fa Teatro, ma solo per necessità
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Mi sono trovato, dopo la prima parte
di incontri incentrati soprattutto sulla comunicazione e sul passaggio
dalla rappresentazione verbale a quella agita, a rendermi conto di quali
pesanti limiti ci saremmo imposti organizzando una Rappresentazione
Teatrale della storia che avevo proposto: il tutto avrebbe avuto come
dominante un tendere ad un obiettivo assai lontano nel tempo e nello
spazio, e difficilmente formulabile e accettabile anche come semplice
fantasticheria, a meno che non venissero date ai bambini aspettative
dell'ordine del grandioso, il che forse li avrebbe aiutati a costruirsi
una motivazione di un certo spessore nei confronti di quell'obiettivo.
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Ma a quale pro? A prescindere dalla
personale ripugnanza che provo per un simile ordine di ragionamento
è da chiedersi quale piacere, quale interesse che non fosse dettato
da un distorto egocentrismo, quale senso avrebbe avuto tutto ciò per
trentotto bambini di dieci anni, dando comunque per scontato che tutti
funzionassero allo stesso identico modo.
Era invece bello vedere con quale entusiasmo le mani si alzavano quando
chiedevo quattro, cinque o sette di loro per giocare a mettere in scena
il torneo, o la scena della taverna, o il grande banchetto dei nobili
con annessa servitù (e non ho mai visto nessuno così felice di fare
il servitore): tutti chiedevano sempre di essere parte delle scene,
pur sapendo che durante ogni incontro ci sarebbe stato qualcosa da fare
per ognuno di loro, e ogni volta le stesse scene avevano la freschezza,
l'umorismo e la partecipazione della prima volta, proprio perché non
era Teatro ma era Gioco del Teatro.
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Un attore professionista deve studiare
anni per fare in modo che questa freschezza riviva ad ogni spettacolo,
ma qui non avevo a che fare con attori e trovavo profondamente ingiusto
sacrificare alla tradizionale mise en scène questo piccolo grande tesoro,
questo interesse che si espandeva nei campi di pertinenza didattica
della storia, della lingua italiana, dell'educazione all'immagine e
questo grazie anche al lavoro svolto da Cristina D'Avino e Anna Piva,
le due insegnanti titolari delle quali bisogna sottolineare la disponibilità
e la presenza durante tutto il ciclo dei lavori: con loro -in numerose
riunioni- è stata concertata e verificata la strada da seguire per essere
il più possibile in sinergia col percorso didattico del programma ministeriale.
Ricordo in proposito di essermi studiato per diversi giorni un CD-Rom
che presentava la vita in un castello medioevale allo scopo di tenere
una lezione interattiva con tanto di proiezione su grande schermo, e
di avere avuto per quasi tre ore questa piccola folla seduta, attenta
e tutt'altro che annoiata, indicando, commentando, facendo domande,
e le insegnanti mi hanno regolarmente confermato la permanenza di questo
atteggiamento di positiva curiosità rispetto agli argomenti correlati.
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A questo punto si è imposta una
scelta: o la mise en scène o il gioco, o una copia carbone del
Teatro degli adulti o l'improvvisazione guidata da un canovaccio. Il
termine canovaccio evoca carri di girovaghi, commedianti dell'Arte,
immagini mitiche delle origini del teatro contemporaneo, ma non mi sentirei
di avallare simili accostamenti: questi bambini non sono attori, sono
bambini e stiamo giocando, si sa abbastanza bene quel che deve succedere
ma il margine di incertezza è tale da eliminare del tutto l'idea di
errore, e solo in questo senso si può parlare di canovaccio, parallelamente
al modo in cui di un qualsiasi gioco di ruolo (la famiglia, i cowboy,
gli invasori extraterrestri) si sanno gli accadimenti, chi è chi, cosa
fa, ma non come lo fa (adesso tu ti arrabbiavi, e io scappavo mentre
cercavi il fucile per spararmi), ed è questo il margine indispensabile
a far sì che ogni volta sia come la prima volta, pena una noia mortale.
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Siamo ben lontani quindi dal minuzioso
sottotesto costruito in anni di improvvisazioni sul palcoscenico, dai
centoni che si arricchivano man mano che la vita dei commedianti scorreva
tra una corte nobiliare, una piazza e il cortile di qualche borgo rurale
(mettiamoci anche, per amor di verità, qualche forzata sosta dietro
le sbarre): la scelta finale è stata di organizzare spaziotemporalmente
quello che per mesi è stato il Gioco del giovedì in modo che chi si
trovasse in posizione di spettatore fosse in grado di comprendere la
storia che era all'origine del Gioco stesso.
E' allora in quest'ottica che le
"prove" sono cominciate con poco più di un mese di anticipo sull'uscita
pubblica (ricordiamoci che ogni incontro durava due ore, che moltiplicato
per cinque incontri dà dieci ore soltanto), e che la distribuzione delle
"parti" è avvenuta ancora più tardi, solo tre settimane prima, e che
durante questo breve tempo si è comunque giocato con i bellissimi elementi
scenografici prodotti dallo Studio Lucifero (e da una decina di studenti
dell'Ist. Dosso Dossi, in attività di credito formativo) che tutti hanno
comunque avuto la possibilità di provare, toccare, assimilare alla situazione
non come semplici appendici ornamentali ma come parte fondante della
storia e del gioco, dopo avere tra l'altro fornito i propri disegni
allo scopo di contribuire alla creazione dei vari elementi. Il risultato
è stato visibile nelle due uscite pubbliche (trovo irriguardoso e fuorviante
chiamarle spettacoli) durante le quali si è potuta apprezzare quella
freschezza di cui parlavo precedentemente.
Ho inoltre distribuito ai genitori dei bambini un questionario che allego,
che ha avuto risposta da tre quarti dei destinatari: mentre solo in
due occasioni è stata mostrata una qualche nostalgia per la classica
recita dove ognuno declamava qualcosa, sono stati invece molti a gradire
questa impostazione che toglieva ai bambini l'ansia e la paura di sbagliare
o di non ricordarsi, inserendoli in tante azioni corali dove essere
comunque ben presenti.
Credo di poter asserire che il laboratorio
appena concluso dopo sei mesi di lavoro ha raggiunto felicemente tutti
gli obiettivi prefissi, e ha probabilmente suggerito una serie di percorsi
interdisciplinari che meriterebbero un serio approfondimento e dal punto
di vista teorico e da quello della messa in cantiere di una serie di
iniziative analoghe da estendersi ad altre scuole, non necessariamente
del ciclo elementare.
Forse non si utilizzerebbe nuovamente quella splendida (e così sottoutilizzata)
ambientazione che è il Torrione del Barco, ma si tratterebbe anche questa
volta di un lavoro dentro la città, per la città.
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